Dell’uguaglianza in cucina
La cucina professionale ha molto da trasmettere alla cucina di casa: ad esempio il tema dell’uguaglianza.
Dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro, le persone sono umanamente tutte uguali, e questo presuppone un profondo rispetto. Altra storia la ricchezza professionale: chi ha le qualità e la capacità di farlo, lo chef, è il comandante indiscusso della brigata di cucina. Questo significa che il leader ha la responsabilità di guidare la sua squadra alla realizzazione migliore del piatto, rispettando i tempi e le modalità di realizzazione, delegando alle persone giuste i lavori da fare. La squadra, o anche un solo “aiutante” deve avere piena fiducia nel suo capo ed eseguire senza giudicare quello che gli viene richiesto.
In questo senso non c’è democrazia in cucina, anzi è un luogo altamente piramidale, dove maggiore è il silenzio e la concentrazione sul piatto, migliore sarà la riuscita dello stesso.
Sono vent’anni che frequento le cucine professionali e all’inizio ero affascinata da questa struttura. Mi piaceva eseguire esattamente quello che mi veniva chiesto perchè capivo che avevo tutto da imparare, a volte da carpire, quasi rubare. Ben presto mi sono ritrovata dall’altra parte: organizzare brigate di cucina, insegnare a cucinare. E mi sono resa conto del carico da novanta che ha la persona che comanda una cucina. Non ci sono storie, il piatto deve uscire buono, alla temperatura giusta, bello, il lavoro va fatto con ordine e pulizia.
Ho lavorato con aziende facendo incontri di cucina come team-building: molto interessante vedere impiegati chef e dirigenti pelapatate; entrambe le categorie si rendono conto di persona dei rispettivi ruoli, carico di responsabilità, competenze, vantaggi.
Spesso durante le lezioni sia alla scuola professionale, sia ai corsi per adulti, le persone si distraggono e il lavoro principale è proprio quello di riportarle alla presenza in quello che stanno facendo. Per far venire bene un piatto tutti devono essere centrati su quello, senza giudizio, senza distrazioni, senza ma, ciascuno con le proprie capacità e i propri compiti.
Ancora oggi, quando vado ai convegni gastronomici o imparo una nuova tecnica, mi riempie un profondo rilassamento: mi lascio guidare, eseguo quello che altri mi indicano, faccio un sacco di domande, ricevo da qualcuno che conosce meglio di me l’argomento. E’ una gioia.
Altra storia ancora è l’esecuzione del piatto: se faccio gli gnocchi devono essere TUTTI UGUALI, se faccio 50 bicchierini di finger, devono essere TUTTI UGUALI, se faccio 20 biscotti devono essere TUTTI UGUALI. I giovani e gli adulti che vengono dalla cucina di casa fanno molta fatica con questa tecnica.
A casa viene come viene, un biscotto alto, uno basso, una polpetta piccola una grossa…..
E invece NO, fare pezzi tutti uguali mi regala cose preziose:
- sono completamente centrata su quello che sto facendo e il corpo e soprattutto la testa si rilassano lasciando da parte problemi e ostacoli
- dò una bella botta alla mia immagine di perfezione e controllo: non è così facile fare i pezzi tutti uguali, spesso sbaglierò, dovrò rifarli, qualcuno li farà meglio di me e più velocemente
- l’eventuale cottura dell’alimento tagliato tutto uguale sarà migliore e più omogenea: hai presente le zucchine mezze cotte e mezze crude perchè le ho affettate in maniera irregolare?
- il piatto sarà più buono e più bello, e come sai l’occhio gastronomico vuole la sua parte.
… alla prossima puntata….